NOVEMBRE 2021.
Fra i pochi dati positivi introdotti dalla pandemia da Covid-19, che da due anni ormai sta colpendo il mondo intero, portando a uno sconvolgimento, non solo dal punto di vista sanitario ed economico ma, di conseguenza, anche sociale e comportamentale, c’è sicuramente il maggiore approfondimento dedicato ai temi della qualità della vita, in particolare quella lavorativa e quella personale. Uno dei dati che ha maggiormente colpito gli studiosi, sociologi e statistici, è come da una parte sia aumentato moltissimo il numero delle persone che hanno abbandonato spontaneamente il proprio posto di lavoro, lavoro che magari svolgevano da moltissimi anni e che, anche le difficoltà legate all’emergenza sanitaria, non avevano comunque ancora messo in crisi. Dall’altra, la difficoltà, in molti settori economici, anche quando si tratta di lavori ben pagati, a trovare personale disponibile e manodopera. L’aspetto comune, in entrambi casi, è l’affiorare presso una percentuale di persone assolutamente insospettabili, di un nuovo desiderio di riappropriazione del proprio tempo, oppure la necessità di investirlo in modo diverso. Naturalmente, stiamo parlando sempre di un segmento della popolazione che, anche in un periodo post pandemico, vive ancora in una situazione di benessere e stabilità economica sufficiente, non ha necessità impellenti di denaro, di lavoro, di onorare impegni gravosi, e che può, quindi, permettersi, come si suole dire, di “guardarsi intorno”. Condizione questa, in ogni caso, abbastanza inedita, soprattutto in Italia, dove l’attaccamento al reddito sicuro, al posto fisso, al lavoro di routine, all’interno di un ascensore sociale molto, ma molto bloccato, dove emergere per chi parte da una posizione di svantaggio è sempre abbastanza difficile, sono tutte caratteristiche abbastanza consolidate. Anche il mondo dello sport sta vivendo, nelle diverse figure coinvolte, una classica sindrome da abbandono, a tutti i livelli, e così il nostro Comitato e, pensiamo, molte delle società sportive affiliate… Potremmo partire dal ruolo di consigliere del Comitato Territoriale. Dopo due anni di attività ferma o molto ridotta, anche una vocazione del genere è normale che sia oggi molto sfumata. Piuttosto che pensare ai massimi sistemi, forse è meglio dedicarsi a qualcosa di più concreto, e vicino alla realtà di tutti i giorni… Pensiamo poi a un dirigente o componente della Presidenza. Qui, ad allontanare dall’impegno, è soprattutto la necessità di prendere decisioni, assumersi responsabilità, in un momento difficile e con un futuro ancora tutto da inventare. Per chi fa parte di una Commissione Tecnica, invece, vedere per tanti mesi frustrata la propria voglia di ripartire con le attività può far nascere il desiderio, ancora più forte, di darsi da fare con nuove idee e proposte. Oppure, al contrario, di lasciarsi andare alla ricerca di scuse, oppure di colpevoli, o di pretesti per andarsene, ed è questo che purtroppo spesso è successo… Per gli allenatori e gli istruttori, la mancanza di un’attività che costituiva mensilmente, perché no? una piccola ma importante fonte di reddito, dopo mesi di inattività, ha fatto si che si puntasse su altre strade, magari completamente diverse, e tornare indietro adesso è difficile… La sesta categoria è quella, sempre bistrattata, degli arbitri e giudici. Avrete letto come anche federazioni importanti, nelle scorse settimane, abbiano dovuto sospendere o rimodulare i calendari dei campionati, per la mancanza di direttori di gara. Altri hanno invitato a “scendere di categoria” anche arbitri di livello nazionale, per coprire le partite. La crisi di vocazioni ha fatto emergere, magari, la poca voglia che già c’era. I protocolli e, ancora di più le restrizioni, negli ultimi mesi non hanno poi di certo favorito il reclutamento. Il dirigente di società sportiva, già carico di oneri e impegni, si è visto soverchiato in questo periodo, non solo dall’inattività e dagli obblighi cui fare fronte, ma dall’arrivo di ben due, forse tre riforme di sistema, tutte da studiare e interpretare; per sopravvivere, dovrà cambiare molte delle sue abitudini, dalla gestione del lavoro sportivo. Ma chi glielo fa fare? Poi ci sono tutte le persone che gravitano intorno alla società sportiva, custodi, segretari, collaboratori, tutti più o meno volontari… Trovare la forza di muoversi oggi, spesso tutti i giorni, all’interno di un impianto sportivo, non è davvero facile… la nona categoria, ovviamente, è quella dei genitori. Presi da preoccupazioni sulla salute, difficoltà economiche, problemi a gestire l’organizzazione della quotidianità, la scuola, gli spostamenti, gli orari… insomma, allo sport, anche oggi, ci pensiamo domani. Infine, la decima categoria, che è la più importante. Quella degli sportivi. Una recente statistica recita come oltre 300.000 under 16, che facevano regolarmente sport in Italia prima del Covid, abbiano smesso, per vari e molteplici motivi, e non abbiano ancora ripreso. Dieci piccole categorie di sportivi che dal nostro mondo si sono allontanati, o potrebbero farlo, e che vanno convinti a restare, oppure a tornare, con la forza dei valori che da sempre ci sorreggono. E senza la paura che più di tutte sta colpendo il nostro mondo: quella dell’assunzione di responsabilità. Il mondo sta cambiando velocemente, ma la natura dello sport è sempre quella, importante e necessaria alla vita delle persone.
Andrea De David
